Agosto, 2023

per Carlo Ballaré, 

Hermes: il mito e l'emblema di una storiografia diacronica.

Il titolo di questa rassegna d'arte ci suggerisce considerazioni che vanno al di là delle circostanze biografiche dei singoli artisti presentati.

È ben noto ai filosofi della scienza e della conoscenza come l'agire poetico dell'uomo si svolga nella dimensione del tempo.

Sono loro che ci hanno insegnato a leggere i differenti e molteplici modi del tempo nel quale l'espressione artistica si rispecchia e costruisce la propria evidenza.

Esistono molte dimensioni del tempo, storico, biologico, religioso, giuridico, sociale e politico, ma anche trascendentale e gnoseologico, e molte altre ne ha aggiunto la fisica e la psicologia per dimostrare come ognuna di queste dimensioni del tempo segua parametri autonomi di un proprio andamento, fatto di correnti e di riflussi, di accelerazioni e di stasi, di biforcazioni e di carsici annullamenti, proprio come avviene lungo il corso di un fiume.

A volte il tempo scorre in direzioni opposte, tornando su sé stesso per risalire fino al proprio antecedente, percolando nelle sabbie nascoste, fino a ritrovare le origini della comunicazione, della parola e dell'alfabeto stesso, e persino del segno algoritmico o geroglifico da cui si codifica la trasmissione del messaggio e la forza evocativa dell'immagine.

Il tempo non scorre sempre dall'ignoranza verso il sapere, o dalle tenebre verso l'illuminazione, più spesso la conoscenza emotiva dell'opera d'arte passa attraverso la meraviglia di un'anima razionale, altre volte inevitabilmente si spegne nel silenzio della memoria. 

Chi come me, ha appena potuto rivedere l'opera di Prassitele al Museo di Olimpia, la statua di Hermes col piccolo Dionisio tra le braccia, si rende conto di come un tale livello di manifestazione e di trasmissione dell'esperienza estetica sia assolutamente inconcepibile se analizziamo questa immagine millenaria come un punto di partenza, come l'origine primitiva dell'arte. 

In tutta la sua antica arcaicità noi riusciamo a comprenderla solo se la leggiamo nella nostra contemporaneità, come mèta e obiettivo di una indagine, come punto di arrivo di una inesaurita ricerca, ancora attualissima, anzi, a venire.

Il sincronismo di ieri, oggi e domani, e ancor meno la loro concezione come momenti di un processo evolutivo lineare e continuo, non ci aiuta certo a comprendere il flusso di una molteplicità diacronica in cui viene a prendere forma lo spazio ingenuo e ingenerato dell'arte, che nasce e si evolve solo nel solco di una storiografia sovrastorica.

Noi rimaniamo arcaici, oggi, quanto lo eravamo ieri, e ier l'altro, nella tensione di raggiungere quella prova, illuminata e razionale ad un tempo, che sembra apparirci sempre più irraggiungibile.

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